Le tracce delle nostre storie, delle gratificazioni che abbiamo avuto, delle oppressioni che abbiamo subito, dell’impossibilità a esprimere apertamente la rabbia o la tenerezza, del trattenere alcune emozioni o esagerarne altre, sono tutte contenute nel nostro corpo. è con tutto il nostro corpo che noi riusciamo a esprimere apertamente le nostre emozioni o che siamo costretti a trattenerle, che riusciamo a trasmetterle, o dobbiamo camuffarle. E dunque è in tutto il corpo che possiamo ritrovare qualcosa dei vissuti trascorsi, persino delle nostre esperienze infantili o prenatali.
Alcuni anni fa, si pensava che le parti del corpo fossero specializzate nell’esprimere una determinata emozione: si credeva ad esempio che il torace dovesse essere legato all’aggressività, la pancia alla tenerezza, il collo al controllo, la mascella alla rabbia, le gambe all’indipendenza, e così via. In realtà noi possiamo ritrovare un’emozione in qualsiasi parte del corpo. Possiamo ad esempio ritrovare la tenerezza oltre che nella pancia, anche sulla schiena o nelle gambe; così come la rabbia può essere nei muscoli del collo; e la paura può annidarsi anche nelle braccia e nel torace. Ma come avviene ciò?
Quando il bambino sin dai primi mesi di vita entra, ad esempio, in contatto con il seno della madre, non lo fa solo con la bocca ma tutto il suo corpo partecipa alla relazione: le mani si tendono e toccano il seno, gli occhi guardano negli occhi, le gambe si muovono strofinandosi l’un l’altra nella sensazione di piacere che il momento gli procura. Allo stesso modo, quando protesta arrabbiato perché non è stato preso in braccio, serra i pugni, stringe gli occhi, tende le gambe, spinge con le mani per allontanare la madre, gonfia il petto, indurisce la pancia.
Ora, se gli atteggiamenti emotivi che il bambino attraversa, e che esprime con tutto se stesso, ricevono una buona accoglienza dai genitori (e dagli adulti in genere), quegli stessi stati emotivi si potranno percepire facilmente nelle varie parti del corpo anche da adulti. Una tenerezza che è stata sempre incoraggiata e non soffocata la si potrà risentire con la pancia, con il viso, con le mani, e persino con la schiena.
Ma se le espressioni emotive sono state impedite, colpevolizzate, non bene accolte dall’ambiente, allora il bambino cercherà disperatamente di bloccarle e di non arrivare neanche a sentirle; oppure le dovrà esasperare per farle sopravvivere. In entrambi i casi si servirà del proprio corpo: dei muscoli, contraendoli oppure mollandoli cronicamente, di determinati atteggiamenti e di posture che il corpo finirà per assumere abitualmente.
Stringendo i pugni cercherà di controllare la rabbia; chiudendo la gola eviterà di gridare la sua dolorosa protesta; accasciando le spalle smetterà di dover lottare inutilmente; rendendo poco mobili e vuoti i suoi occhi cercherà di non farsi cogliere da sguardi di rimprovero. Oppure può gonfiare il torace per esasperare il senso di lotta; può assumere un volume di voce forte per far riuscire a sentire la propria assertività., e così via. Queste alterazioni non nascono dall’oggi al domani; non è il singolo rimprovero che può provocarle, ma un accumularsi di atteggiamenti negativi nei confronti del bambino e di quella determinata espressione emozionale in particolare. Alcune volte, più che una diretta inibizione, a generare la stratificazione di queste alterazioni è la situazione nel suo complesso: Una famiglia in cui si respira tensione e ansia, un ambiente che non aiuta il contatto, una tendenza a svalutare ciò che fanno i figli; una freddezza di fondo; una rabbia che si scatena nei genitori all’improvviso come una tempesta imprevedibile. I bambini reagiscono a queste condizioni negative esasperando alcune emozioni e bloccandone altre, con l’aiuto del corpo.
Se la respirazione si fa sottile, quasi impercettibile, il bambino sente di meno dolori e sensazioni sgradevoli; se i muscoli del braccio divengono cronicamente tesi l’impulso a picchiare viene inibito; se il collo si irrigidisce diminuirà ad esempio la sensazione di essere colpiti da dietro, e così via.
Le specifiche tecniche di massaggio, contatto e movimento, che vengono utilizzate in studio con i pazienti, hanno proprio lo scopo di andare a rintracciare queste antiche emozioni stratificate, bloccate o esasperate, e facilitare il ripristino e l’equilibrio delle funzioni che, nel tempo, hanno subito un alterazione.
Tracce e funzioni della memoria corporea
La memoria corporea, come abbiamo detto, è costituita dalle tracce che gli stati emozionali del passato hanno lasciato impresse. Queste tracce sono visibili in diverse funzioni, fra le quali: il tono di base della nostra muscolatura, che può essere rimasto cronicamente alterato in conseguenza ad esperienze emozionali negative del passato. In altri termini può accadere che un muscolo resti cronicamente teso come se fosse impiegato continuamente, senza pausa, in azioni o sforzi. Il muscolo si è alterato per esorcizzare la paura, per trattenere la rabbia, per nascondere la vergogna. Oppure il tono muscolare resta flaccido, un tono di “disarmo”e di resa, e questo rende la persona incapace di affrontare situazioni in cui sarebbero necessarie la forza, la determinazione, o un’azione rapida e scattante.
Un secondo tipo di memoria corporea è costituito dalle posture . Le posture possono perdere la loro flessibilità originaria e diventare ripetitive nel tempo. L’abitudine a determinate posture inconsapevoli, il ricadere sempre nei medesimi atteggiamenti del corpo, produce un effetto molto intenso, sia sull’interlocutore, che sul soggetto stesso. Ci sono persone che “sostengono sulle spalle” pesi eccessivi, altre che rimangono sempre con la testa abbassata in una evidente remissività, altre che tengono le braccia come incollate al corpo, mostrando una eccessiva difficoltà ad occupare lo spazio intorno a sé. Le posture abitudinarie rappresentano una forte limitazione nella duttilità delle relazioni e una fonte inconsapevole di malessere e disagio.
Un altro tipo di memoria corporea risiede in quei movimenti che ripetendosi più e più volte in circostanze analoghe a poco a poco diventano caratteristici di una persona. Anche questi movimenti trattengono al loro interno l’antica emozione che li aveva messi in moto. In questi movimenti è contenuta una reazione emotiva antica che persiste nel tempo, una modalità di reagire a rimproveri, a delusioni, a dolori, a paure, una modalità nata nella nostra infanzia o adolescenza. Se un movimento ci aiuta ad esorcizzare antiche sensazioni negative, finisce per diventare un’abitudine che rimane. Ci sono persone che compiono continuamente piccoli movimenti, piccoli scatti, per un’ansia strisciante che mina la loro tranquillità, altre che compiono frequentemente movimenti che richiamano energia dal basso verso l’alto. Si toccano spesso il volto, i capelli, gli occhi. Spesso sono individui eccessivamente cerebrali, razionali, che controllano molto i movimenti del corpo e l’espressione delle proprie emozioni. Questi stessi individui di solito soffrono di cefalee, infiammazioni alla gola, congiuntiviti, sinusiti. I movimenti caratteristici sono una fonte molto ricca di informazioni sullo stato reale e profondo delle persone.
Un’altra importante funzione della memoria corporea è il respiro . Il respiro rappresenta un importante “regolatore generale” dell’organismo, poiché agisce in modo diretto sugli equilibri dei sistemi interni, fra cui il neurovegetativo, il battito cardiaco e il circuito dell’ansia. Le sue alterazioni permanenti hanno perciò effetti notevoli sul benessere (o viceversa sul disagio) e sul livello profondo delle emozioni. Un respiro mozzato, bloccato in fase inspiratoria, è il tipico effetto di una paura che impedisce il libero movimento del diaframma; un respiro che va tutto verso l’alto ( nella parte alta del torace) mostra una spinta inconsapevole ad affrontare sempre il mondo di petto; una respirazione affannosa è fonte di una sensazione soffusa di ansia; un respiro sottile non porta sufficiente energia e sufficiente vigore. A volte si esagera ispirando troppo e troppo velocemente, “inghiottendo” l’aria, e troncando così gran parte della capacità di movimento verso l’esterno: si rimane in questo modo bloccati, senza energia. Altre volte si espira in modo lento ed estremamente controllato anestetizzando gran parte delle sensazioni, diminuendo la capacità di contatto, creando distacco eccessivo.
Gli effetti della memoria corporea
Il problema principale, che è di fondamentale importanza sottolineare, è che questa nostra memoria corporea ha effetto sia sull’esterno che sull’interno. Capita allora di trovarci imprigionati in relazioni che non ci soddisfano o ci fanno soffrire, capita che le altre persone vedano in noi aspetti e tratti che noi non riusciamo a riconoscere, capita di non riuscire a trasmettere efficacemente agli altri ciò che vorremmo invece comunicare; ma capita anche di sentirci costantemente a disagio, di sentirci pervasi da stati d’animo negativi che non capiamo da dove possano provenire, capita di non essere capaci di lasciarci andare e viverci le emozioni. La memoria corporea è in effetti una continua fonte che rinnova, a nostra insaputa, vecchie paure, vecchie rabbie, stati d’animo di sconfitta e di rassegnazione, ansie, dolori e dispiaceri, sensazioni di inadeguatezza, vecchie modalità di controllo. Ci sembra che le antiche vicende siano ormai superate, ma in realtà continuiamo a portarcene dentro gli effetti. La memoria corporea è il tramite che rende queste vicende ancora attive, ancora piene di significato e di carica emotiva, come se fossero presenti ancora oggi.
Per questo lo specialista che utilizza questo approccio lavora anche per sciogliere queste tracce nel corpo, liberare i vissuti incapsulati, ripristinare il funzionamento pieno e mobile, in modo che le antiche vicende diventino veramente “storia”, rimangano vive sì ma nei ricordi e non come fonte attuale di emozioni negative.