Quali sono i disturbi psicosomatici?

La psicosomatica è  quella branca della medicina che studia le interrelazioni tra psiche e soma, occupandosi nello specifico di rilevare e capire l’influenza che le emozioni esercitano sul corpo.

In medicina, infatti, è ormai largamente condivisa l’idea che il benessere a livello fisico abbia una sua chiara influenza sulla psiche e sull’aspetto emotivo della persona; a loro volta, emozioni e sentimenti agiscono sul corpo modificandolo a vari livelli, dal micro (cambia la chimica cellulare) al macro (cambia ad esempio il modo di respirare e la postura).

Ad una visione del disturbo di tipo causale si sta sempre più sostituendo quella multifattoriale e olistica. Come affermava già diversi anni fa Alexander Lowen, il padre della Bioenergetica, mente e corpo si influenzano reciprocamente e anche se apparentemente separati essi sono in profondità (inconscio) funzionalmente identici, perché affondano le loro radici nei processi energetici di base. Partendo da questo presupposto, si potrebbe dunque dire che ogni disturbo, avendo in sé aspetti sia psichici che corporei è psicosomatico.

Secondo la classificazione più tradizionale però, ad oggi, vengono definiti disturbi psicosomatici quei disturbi sofferti o quelle malattie riscontrati a livello fisico, che una serie di studi hanno dimostrato essere conseguenti ad una condizione emotiva stressante.

Spesso la persona che soffre di un disturbo psicosomatico si reca dal medico per un problema fisico, ma in seguito ai controlli specialistici suggeriti dallo stesso non viene riscontrata alcuna corrispondenza organica al disagio; oppure  viene sì riscontrata ma, nonostante le cure farmacologiche il disturbo permane o si ripresenta puntualmente a brevi distanze di tempo.

Quest’ultima possibilità è legata al fatto che lo stress emotivo genera una cattiva reazione del sistema immunitario, che a sua volta ha difficoltà a combattere gli agenti patogeni che aggrediscono l’organismo; ciò a lungo andare può portare un acutizzazione dei sintomi e una resistenza ai farmaci, che non riescono ad agire per un mal funzionamento appunto del sistema immunitario.

Detto ciò, quali sono i disturbi psicosomatici evidenziati più frequentemente? Eccoli elencati qui di seguito:

 

  • Disturbi dell’apparato gastrointestinale (nausea, vomito, diarrea, gastrite, colite, colon irritabile, ulcera);
  • Disturbi dell’apparato cardiocircolatorio (aritmia, tachicardia, angina pectoris, ipertensione);
  • Disturbi dell’apparato urogenitale (irregolarità o dolori mestruali, disfunzioni dell’erezione e/o dell’eiaculazione, anorgasmia, enuresi);
  • Disturbi dell’apparato muscolare (cefalea, torcicollo, crampi, mialgia, artrite);
  • Disturbi della pelle (acne, dermatite, psoriasi, orticaria, prurito, secchezza cutanea, sudorazione eccessiva);
  • Disturbi pseudo-neurologici (alterazione della coordinazione e/o dell’equilibrio, ipostenie localizzate o paralisi, difficoltà a deglutire, amnesie);
  • Disturbi del comportamento alimentare (anoressia e bulimia).

Di cosa mi occupo e come lavoro..

Psicologo iscritto all’Albo degli Psicologi della Toscana n. 5101. Mi occupo principalmente di ansia, panico, fobie, depressione, disturbi psicosomatici da stress, disturbi del sonno, problemi di coppia.

Ricevo su appuntamento a Cecina (Livorno):

  • presso il mio studio privato sito in via Sin le Noble n.11
  • presso la Farmacia Centrale in via Pasubio n. 33 H

il mio modo di lavorare:

Il modello di diagnosi/intervento a cui faccio riferimento è quello Integrato . Tale modello si caratterizza per lo sguardo d’insieme che riserva alla persona. L’individuo non è considerato esclusivamente sul piano mentale, come avviene nella maggior parte degli approcci psicologici tradizionali, bensì nel complesso insieme di tutte le sue funzioni psico-corporee. Il benessere, così come il disagio, sono esperienze che viviamo nella mente e nel corpo contemporaneamente. Pensiamo, ad esempio, come una condizione d’ansia può essere vissuta in modo complesso e totalizzante: ci sono pensieri , idee, ricordi e convinzioni che sul piano mentale condizionano negativamente il modo di interpretare le situazioni e la realtà. Ci sono emozioni che arrivano con violenza, paralizzando o costringendo all’evitamento: pensiamo in primis alla paura. Ci sono allo stesso tempo, dei fastidiosi sintomi fisici: tachicardie, tensioni muscolari, tremori, disturbi digestivi, senso di fame d’aria, vertigini sono solo alcuni esempi.
Le tecniche utilizzate sono studiate per intervenire in modo integrato su tutti gli aspetti della condizione di disagio e di stress, sia sul versante psico/emotivo che su quello corporeo.

Le principali aree di intervento sono:

  • Disturbi d’ansia (ansia generalizzata e fobie specifiche)
  • Disturbo da attacchi di panico
  • Depressione e disturbi dell’umore
  • Disturbi da stress e psicosomatici (Asma e disturbi respiratori, aritmie e oppressioni toraciche, disturbi della pelle, dolori muscolari cronici, gastriti, coliti, stipsi, cefalee)
  • Insonnia e disturbi del sonno
  • Disturbi alimentari (bulimia e anoressia)
  • Disturbi sessuali
  • Problemi di coppia e della famiglia
  • Problematiche psicologiche e psicosomatiche del bambino
  • Problemi dei ragazzi in adolescenza

Se desideri avere maggiori informazioni o per qualsiasi domanda puoi scrivere sulla mia casella di posta elettronica : info@fabiopratesi.it

Se invece hai piacere di avere un primo colloquio psicologico allo scopo di analizzare più precisamente un problema puoi contattarmi telefonicamente al numero: 347.1419026

Mal di testa: risolvere il problema senza farmaci

Emicranie e cefalee sono disturbi che possono diventare molto invalidanti, soprattutto quando anche gli antidolorifici non sorbiscono più l’effetto desiderato.

Dagli studi condotti in medicina psicosomatica risulta evidente che coloro che soffrono di mal di testa ricorrenti sono individui caratterizzati da un tipico funzionamento psicologico:

  • Sono individui che privilegiano in maniera marcata un approccio mentale alla vita; affidandosi quasi esclusivamente al pensiero e alla razionalità piuttosto che all’istinto e alle emozioni. La funzione della razionalità è dunque ipertrofica, cioè eccessivamente sviluppata rispetto a quella dell’emotività che viene invece tenuta blindata e sotto controllo.
  • Sono Individui che dunque hanno difficoltà a lasciarsi andare, che si controllano per paura di eccedere, eccessivamente critici verso sè stessi.
  •  In buona parte dei casi sono persone che tendono a reprimere la rabbia. Ciò non significa che chi soffre di mal di testa (cefalea o emicrania) necessariamente non senta la rabbia, ma che tenda a covarla tutta nella testa sotto forma di pensieri aggressivi dei quali può anche arrivare a non essere cosciente. Questa emozione trattenuta, vissuta dentro e mai espressa apertamente, si trasforma in irritazione e risentimento che contaminano ogni pensiero.
  • Dal punto di vista corporeo si evidenziano blocchi e tensioni muscolari croniche collocate soprattutto a livello del collo, le quali impediscono di lasciare andare la testa (paura di perdere la testa = paura di perdere il controllo delle emozioni); del diaframma, per cui la respirazione risulta controllata e limitata; della mascella  e delle scapole, manifestazione corporea legata alla tendenza a trattenere la rabbia.

 

Il black out del pensiero

Il nostro organismo è in grado di attivare autonomamente una vasta gamma di meccanismi omeostatici (di riequilibrio) che intervergono qual’ora vi sia un eccessivo sbilanciamento neurovegetativo. Anche il mal di testa, benchè possa sembrare alquanto strano, ha le sue funzioni, e una di queste è quella di interrompere per un certo tempo l’eccessiva attività razionale e di pensiero nella quale la persona si trova coinvolta, costringendola a bloccare il continuo rimuginio mentale. Inoltre il black out del pensiero generato da una forte cefalea o da una forte emicrania, può impedire l’emergere alla coscienza di contenuti emotivi disturbanti che la persona, in quel momento, non è disposta ad accogliere.

 

L’approccio Psicocorporeo contro il mal di testa

Come è possibile curare il mal di testa e soprattutto farlo senza l’uso di farmaci? Anche se molte persone non sono al corrente di questo, è importante sapere che oggi esistono alcune tecniche psicocorporee  particolarmente efficaci per ridurre drasticamente questo disturbo. La Bioenergetica può essere di grande aiuto sia per lo scioglimento di specifici blocchi psicofisici, sia per favorire l’integrazione tra la parte emotiva e quella razionale. Un’ altra ottima possibilità è quella offerta dall’ipnosi e dall’ ipnosi non verbale, tecniche che permettono di aggirare le resistenze inconsce della persona e agire in maniera mirata su specifiche alterazioni del funzionamento mente corpo.

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Quando rivolgersi ad uno psicologo?

“Ogni viaggio inizia con un piccolo passo”

Lao Tsu

 

Prendere la decisione di farsi aiutare da uno psicologo può non essere semplice. In alcuni casi si rifiuta la possibilità di rivolgersi ad uno specialista perché il farlo apparirebbe agli occhi della persona come un atto di debolezza inaccettabile, oppure il rifiuto può derivare dalla credenza infondata che andare dallo psicologo significhi essere “pazzi”, oppure ancora che affidarsi ad uno psicologo porti a non riuscire più a fare a meno del suo sostegno.  In realtà:

1)      Paradossalmente, spesso, è proprio l’incapacità a chiedere aiuto e ad appoggiarsi in un momento di reale bisogno che porta a sentirsi sempre più deboli e insicuri.

2)      Ognuno di noi nella vita (e non serve essere pazzi per questo) può incorrere in periodi più o meno lunghi di particolare disagio, tristezza, stanchezza, rabbia, ansia e, ad un certo punto, sentire il bisogno di ristabilire un equilibrio e un benessere che abbiamo necessità di recuperare, ma che da soli facciamo fatica a trovare.

3)       La relazione psicologo-paziente è una relazione di fiducia e di scambio e uno degli obiettivi imprescindibili di ogni percorso psicologico è proprio quello di favorire l’autonomia e l’autorealizzazione della persona.

Detto ciò, in quali casi  è dunque consigliato rivolgersi ad uno psicologo?

  • Quando ci sentiamo bloccati e incapaci di avere il controllo di noi stessi.
  • Quando quotidianamente abbiamo un “appuntamento” con il nostro malessere.
  • Quando, nonostante svariati tentativi fatti in maniera autonoma per risolvere il problema/disagio, non si ottengono miglioramenti convincenti.
  • Quando ci sentiamo costantemente stanchi o stressati.
  • Quando in seguito ad un cambiamento o  evento importante (lavoro, casa, nascita di un figlio, matrimonio, divorzio, malattia,  perdita di una persona cara, etc.) ci sentiamo destabilizzati e incapaci di comprendere o gestire certe emozioni.
  • Quando vogliamo rimodellare alcuni aspetti del nostro carattere che non tolleriamo, o che ci siamo accorti interferire negativamente nelle relazioni.
  • Quando non riusciamo ad instaurare delle relazioni  sufficientemente stabili e/o significative con altre persone.
  • Quando ci sentiamo freddi, distaccati, e non riusciamo più ad esprimere alcune emozioni.
  • Quando, dopo svariate visite mediche a causa di un malessere fisico, non viene evidenziato nessun disturbo organico.
  • Quando ci autosabotiamo trovando sempre una buona scusa (“ora non è il momento giusto”, “ho cose più importanti di cui occuparmi”, “con il mio problema c’è poco da fare” etc.)  per evitare di fare il primo passo.

 

Lo psicologo è in primis un essere umano, una persona che si è formata maturando, attraverso specifici percorsi personali, la capacità di entrare in contatto con il disagio e la sofferenza. Lo psicologo che utilizza un approccio integrato accompagna il paziente attraverso un percorso “su misura” fatto di esperienze correttive che coinvolgono l’intero sistema persona (mente-corpo-emozioni), e permettono il recupero o lo sviluppo di una condizione di benessere concreta e globale.

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10 modi per combattere lo stress

Il modo di vivere di oggi, caratterizzato da ritmi eccessivamente elevati e carichi non indifferenti di responsabilità ed aspettative, tende a logorarci a livello psicofisico e a favorire l’insorgere di disturbi da stress. Possiamo allora chiederci, come fare per combattere lo stress? In seguito vi propongo alcuni modi per allentare lo stato di tensione psicologica e favorire il benessere mente corpo.

  1. Sport e movimento

L’attività fisica svolta in maniera regolare e non eccessiva risulta essere una buona via per allentare lo stress. Le attività motorie più consigliate sono quelle aerobiche come il nuoto, la corsa, il ciclismo, il canottaggio, lo sci, ma anche il ballo e la camminata veloce.

  1. Rilassamento muscolare

Lo stress comporta un’ alterazione di una serie di funzioni del nostro organismo, tra le quali la tensione muscolare. Propongo dunque un esercizio molto semplice e veramente poco impegnativo per rilassare i muscoli del collo, della schiena e delle spalle, punti dove solitamente si concentra di più lo stress. Per eseguire l’esercizio è sufficiente da posizione seduta con le piante dei piedi ben appoggiate, allungare le braccia fino a terra e respirare con la bocca lasciando la testa abbandonata. Basta svolgere questo esercizio ogni giorno per 1-2 minuti per apprezzarne i risultati.

 

  1. Respirazione e consapevolezza

Concedersi 5 minuti al giorno per concentrare l’attenzione sul respiro è un ottimo modo per allentare lo stress. Ad esempio possiamo metterci comodamente seduti, chiudere gli occhi, lasciare spalle e bocca morbide e, respirando, osservare semplicemente l’onda del respiro che si muove all’interno del corpo. Se durante l’esercizio l’attenzione si dovesse spostare su altro, prendiamone semplicemente atto e riportiamola sulla respirazione.

 

  1. Investire bene l’energia

Tra le cose più inutili e logoranti che possiamo fare vi è senza dubbio il perdere tempo ed energie nel preoccuparci di cose che sono fuori dal nostro controllo o, ancora, il cercare di fare più cose contemporaneamente. È buona e sana abitudine, invece, investire in ciò che è effettivamente controllabile e modificabile e, soprattutto, fare una cosa per volta! In questo modo guadagneremo tempo e salute.

 

  1. Ammorbidire le convinzioni

Ci riconosciamo in coloro che pensano di dover fare tutto alla perfezione e di non dover mai sbagliare?

Proviamo allora a falsificare volontariamente questa nostra convinzione chiedendoci: ma è proprio necessario che mi imponga di dover sempre puntare alla perfezione? Cosa potrebbe mai accadere di così catastrofico se non lo facessi?

 

  1. Imparare a dire di no

Per non accumulare stress è fondamentale saper rispondere con un “No!” a quelle richieste che faremmo fatica a soddisfare per mancanza di tempo o di energie. Impariamo a scrollarci di dosso i pesi in eccesso e a delegare ad altri alcune responsabilità che non necessariamente abbiamo il dovere di prenderci sempre noi. Prendiamoci invece cura della nostra persona, rispettando i nostri limiti e ricordandoci che ogni individuo ha bisogno di momenti di tranquillità e di calma.

 

  1. Alimentazione corretta

Una corretta alimentazione ci aiuta nel mantenimento di uno stato di salute e di benessere psicofisico, rendendoci più forti quando abbiamo bisogno di fronteggiare situazioni stressanti.

 

  1. Correggere la postura

Essere consapevoli della postura che assumiamo e imparare a correggerla può sembrare una cosa banale e poco utile in relazione allo stress, invece non è così. Recenti ricerche hanno infatti dimostrato ancor più chiaramente che la postura incide direttamente, e in maniera determinante, sulla qualità dell’umore e sulla condizione di stress.

 

  1. Sì alla regolarità

Consideriamo il fatto che ogni cambiamento è stress. Cerchiamo dunque di condurre una vita abbastanza regolare se vogliamo combattere lo stress.

 

  1. Rivolgersi ad uno psicologo esperto in tecniche antistress

Se accusate buona parte dei sintomi legati allo stress e non riuscite più a concedervi momenti di calma e di rilassamento allora è il caso che vi rivolgiate ad un esperto che vi aiuti a ritrovare una condizione di equilibrio e di benessere. È importante ricordare infatti che lo stress è alla base dell’insorgenza di una serie di disturbi sia psichici che fisici anche gravi e quindi non va assolutamente preso sottogamba.

 

Se vi interessa l’argomento “stress” potreste trovare utile la lettura di quest’ altro articolo:

Come curare lo stress cronico

Lo psicologo in farmacia a Cecina (LI)

Psicologo in farmacia – dott. Fabio Pratesi

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Ipnotizzare con il corpo

Una nuova tecnica che fa uso di segnali non verbali si é mostrata più efficace, rapida e potente delle altri procedimenti induttivi … con grandi vantaggi sul piano dell’appicazione pratica

Capita che mentre parliamo con qualcuno, possiamo accorgerci che non ci sta affatto seguendo; il suo sguardo è vuoto, perso, lontano; il suo volto inespressivo, privo di tono; le sue mani o gli avambracci possono trovarsi a mezz’aria come fosse in procinto di dire qualcosa, ma rimangono immobili dando l’impressione di essere sospesi ad un filo. Immediatamente lo richiamiamo. Pensiamo: ha la testa fra le nuvole, è distratto; è pensieroso.
Ma ciò che accade veramente in quei momenti è altro: si chiama ipnosi!
E’ proprio constatando che i fenomeni ipnotici si presentano nelle comuni interazioni umane che gli studiosi di questa disciplina hanno appeso al chiodo pendolini, “guardami, guardami, guardami” e metronomi per investigare e trovare il modo di riprodurre quanto avviene già naturalmente.
Fatti non parole! L’indagine condotta con una sistematica e accurata osservazione e valutazione di queste occorrenze ha messo in luce che a suscitare questa condizione sono solo in alcune occasioni delle parole; il più delle volte, si tratta di segnali non verbali: suoni, toni di voce, certe scene, contatti fisici.
Gli stimoli hanno la caratteristica di essere inattesi, evocativi, emotivamente coinvolgenti.
Il corpo rivela La presenza di ipnosi è segnalata da cambiamenti nelle fisiologia osservabile dell’individuo; spesso le reazioni sono spesso sottili: dilatazione delle pupille, fissità dello sguardo, schiudersi della bocca, lieve dondolio del corpo, riduzione del tono muscolare ed altri ancora.
Minuti contati: La durata delle trance varia in genere da qualche secondo a parecchi minuti e si produce centinaia di volte al giorno.
L’ipnosi è un’esperienza quotidiana Queste scoperte hanno dimostrato che chiunque è stato ipnotizzato innumerevoli volte nella sua vita e che ognuno di noi, una volta, identificate le sue personali, uniche e irripetibili chiavi d’accesso all’ipnosi, è ipnotizzabile.
Ma il limite è stato subito evidente: la profondità di queste trance spontanee e la loro durata si sono rivelate troppo ristrette per un appli- cazione terapeutica.
Come potenziare l’effetto degli stimoli ipnotici Dopo il primo scorcerto, gli scienziati hanno ideato due possibili soluzioni:
i abbassare la soglia della sensibilità del soggetto agli stimoli (e aumentare quindi la sua recettività)
i aumentare la “forza” d’impatto delle sollecitazioni.
Gli “artifici” per il potenziamento dell’ipnosi: Una selezione delle tecniche più efficaci nella modificazione del comportamento, ha portato alla selezione di due modelli:
il’Ipnosi Dinamica, il primo procedimento ipnotico basato sul linguaggio del corpo, elaborato Stefano Benemeglio
iIl procedimento del ricalco-guida, ideato dalla Programmazione Neuro-Linguistica.
Due parole di spiegazione: L’Ipnosi Dinamica attraverso la gestione di toccamenti, rumori, variazioni della distanza interpersonale e con artifici per disorientare, “mettere sottosopra” e confondere la percezione, si innalza il tono emotivo del soggetto ipnotico, rendendolo estremamente permeabile alle suggestioni e ad ogni più piccola variazione del comportamento dell’operatore.
Un’altra tecnica per rendere più efficace e pilotare le reazioni degli individui con cui si interagisce é il Ricalco-Guida; consiste innanzitutto nel rispecchiare posture, gesti, timbro e quant’altro del modo di porsi dell’altro.
Il ricalco può essere fedele (ad esempio, si può assumere la stessa posizione dell’interlocutore), parziale (ci si può toccare il mento, quando chi ci sta di fronte lo liscia tra le dita) o incrociato (si può dare un colpetto al tavolo ogni volta che l’altro mostra un aumento dell’attenzione). Dopo un certo numero di ripetizioni, nella mente del soggetto si stabilisce un’associazione stabile tra il nostro e il suo comportamento, per cui una nostra variante sarà seguita da una sua analoga replica – guida -.
I passi dell’induzione ipnotica:Il metodo descritto deve molto alle impostazioni originali dell’Ipnosi Dinamica cui, oltre all’integrazione del modello ricalco-guida, sono state apportate delle rettifiche che ne hanno reso più snella e rapida l’applicazione.
L’individuo viene messo in piedi in mezzo ad una stanza; gli viene chiesto di tenere una postura eretta, ma non tesa; di non fare movimenti volontari e involontari, di non parlare, di non aprire gli occhi una volta che si siano chiusi: tutto questo ha tre obiettivi:
– “scoraggiare” l’individuo dal fare azioni che allentino la
tensione emotiva
;
ridurre la percezione dell’ambiente esterno;
agevolare lo spazio di manovra dell’operatore.
La stimolazione dei sensi l’operatore fa la richiesta di osservare i gesti che eseguirà all’altezza degli occhi (aprire e chiudere le dita, fare movimenti circolari, far scorrere la mano avanti e indietro; ecc.).
Non appena viene scorto il più piccolo cenno di alterazione della coscienza in coincidenza con uno specifico segnale; si procede ad un “aggiustamento del tiro” (il movimento è fatto più veloce o più lento; più vicino o lontano, da destra oppure da sinistra, ecc.) per individuare la forma che meglio si attaglia al soggetto.
Individuato il “grimaldello” giusto, lo si ripete, attenti a adattarlo ad ogni minimo cambiamento nella risposta.
Ripetizione e adeguamento portano ad una intensificazione della reazione, riflesso di una più pronunciata modificazione dello stato di coscienza.
Se la stimolazione visiva si mostra poco efficace, si può passare a quella sonora (si producono vocalizzi o rumori) o quella tattile (si può toccare l’individuo sulla fronte, appoggiarsi ad esso, poggiargli una mano sulla spalla o sul petto). Il protocollo che segue è lo stesso che per la modalità visiva (si cerca il “profilo” adatto per tono, volume, ritmo e velocità dei suoni o il punto e il modo “corretto” del contatto). Accentuare la recettività.
In quel momento, si può elevare la responsività dell’ipnotizzato:
– gli si gira attorno, parlando (in genere dicendo frasi vuote o facendo banali descrizioni di ciò che si sta facendo) per far si che il soggetto individui un riferimento preciso; poi, si cambia direzione all’improvviso.
– ci si mette di fronte al soggetto e, nel parlare, si dirige la voce verso l’orecchio destro o quello sinistro oppure in alto o verso il basso;
– si parla a voce bassa e con tono calmo e soffice; quindi, si da un forte battito di mani. · si sposta la testa del soggetto verso dietro (la sua percezione dell’equilibrio viene fisiologicamente alterata)
– si fanno suoni acuti, aspirati; si fanno cadere oggetti alle sue spalle; si scuote un portapenne con moto ascendente e discendente o da destra a sinistra; ecc.
A quel punto, la reazione tipica è la caduta; cioè, la perdita dell’equilibrio.
Si pone quindi l’individuo su una poltrona o su un divano e si formulano delle suggestioni, questa volta verbali. Anche quelle sono calibrate in base alle alterazioni emotive e di coscienza che suscitano (gli studi più recenti si stanno muovendo nel senso di scoprire come ottenere, con lo stesso metodo, le suggestioni articolate con la parola).
Potremmo dire che procedere con il consueti metodi di induzione ipnotica è come provare a guidare una macchina senza aver fatto prima il pieno; se c’è benzina, l’auto (individuo altamente ipnotizzabile) va avanti lo stesso; se è “a secco” (persona refrattaria), il veicolo non va in moto. Chi applica l’ipnosi non verbale, prima di “mettersi la voltante” – dare le suggestioni – riempie sempre il serbatoio!

I MITI DA SFATARE

iAndare in ipnosi vuol dire dormire o perdere la coscienza:
FALSO: il più delle volte, comporta una condizione che potremmo paragonare al dormiveglia. Questo stato può comportare talvolta una specie di torpore che rende percezione e ricordo annabbiati; ma più comunmente, la trance é una “rilassata” vigilanza.iSe non si viene “risvegliati”, si può non uscire più dallo stato ipnotico: FALSO: in realtà, per quanto la trance sia un esperienza piacevole, se non si ricevono sollecitazioni, dopo un po’ ci si riprende da séiNel corso di una seduta ipnotica, l’individuo diventa un automa nelle mani dell’ipnotista:
FALSO: la persona mantiene sempre un certo grado di autocontrollo e interagisce comunque, anche se a livello passivo e involontario, con l’operatore.iL’ipnotizzatore può far fare quello che vuole all’ipnotizzato: FALSO:durante la trance, si produce una maggiore disinibizione, ma se l’individuo moralmente o per volontà non vuole veramente fare qualcosa non lo fa.iPer ipnotizzare bisogna essere dotati di poteri particolari:
FALSO: l’ipnosi è semplicemente una tecnica; tutti possono apprenderla. Naturalmente, come per ogni attività umana, c’è chi è più portato e chi meno.iL’ipnosi è uno scontro di volontà:
FALSO: chi viene ipnotizzato ha una personalità debole: anche questa è una credenza priva di fondatezza; anzi, chi è maggiormente “suggestionabile” spesso tende a mostrare una maggiore rigidità e un più alto grado di allerta.iL’ipnosi fa dire o fare cose che non si vorrebbero:
VERO/FALSO: stato di ipnosi è una condizione di inerzia psichica e motoria per cui la persona non ha “voglia” di produrre delle azioni spontanee o di pronunciare delle parole
Di solito la persona non parla in ipnosi, se non dopo un lungo e laborioso allenamento: nello stato trance, si attiva una parte del cervello in cui il linguaggio è rudimentale; per altro, corde vocali e gli altri organi fonatori sono rilassati e per l’individuo pronunciare delle parole comporta un grosso sforzo e un impegno arduo.iCon l’ipnosi possono emergere impulsi, pensieri e ricordi che possono far star male:
VERO/FALSO: si tratta di un evento piuttosto raro; più di frequente, l’individuo può avere crisi di pianto, tremori o provare forti emozioni all’inizio dell’induzione, quando il rilassamento favorisce lo scarico di tensioni fino a quel momento trattenute; ma lo stesso può fare una scena di un film o un racconto particolarmente commovente.

I 10 sintomi della depressione

Come si manifesta la depressione e quali Quando si può davvero parlare di disturbo depressivo? Ho ritenuto importante cercare di fare chiarezza dato che ancora oggi in diversi casi si tende a fare confusione su questo argomento.

Sentirsi un pò stanchi, a volte demotivati, tristi o frustrati è  una condizione normale. A tutti può succedere di avere delle giornate no. Ma l’umore basso, la fiacchezza o la noia non devono necessariamente portarci a pensare di soffrire di depressione. In alcuni casi, come ad esempio in periodi maggiormente stressanti,il nostro umore può subire delle variazioni maggiori e toccare dei picchi sensibilmente più bassi. Perché si possa parlare di vera depressione però è necessario fare un esame più completo del proprio stato d’animo, che miri a individuare la compresenza di almeno cinque di questi dieci sintomi:

– Mancanza o eccesso di energie, sensazione costante di fatica o al contrario di agitazione
– Aumento o diminuzione dell’appetito
e quindi del peso corporeo in modo significativo e del tutto indipendente dalla volontà della persona
– Disturbi del sonno
(ipersonnia, insonnia o frequenti risvegli durante la notte)
– Sensi di colpa
continui e immotivati
– Pensieri di morte o di suicidio
– Tristezza
persistente, ansia e sensazione di vuoto
– Disperazione
, visione totalmente pessimistica della vita
– Perdita d’interesse
o piacere in attività che prima davano soddisfazione, compreso il sesso
– Sensazione di essere “rallentati”
, difficoltà a concentrarsi, a ricordare, a prendere decisioni
– Dolori continui o altri sintomi fisici persistenti, non causati da una malattia fisica o da una lesione.

È importante fare attenzione anche alla ricorrenza e alla durata dei sintomi, che devono manifestarsi per la gran parte della giornata, quasi tutti i giorni, e per almeno due settimane.

PSICOLOGO CECINA (LI) -Psicosomatica, Bioenergetica, Ipnosi- tel. 347-1419026

Psicologo Cecina (Livorno) – Dott. Fabio Pratesi

Psicologo iscritto all’Albo degli Psicologi della Toscana n. 5101. Mi occupo principalmente di ansia, panico, fobie, depressione, disturbi psicosomatici da stress, disturbi del sonno, problemi di coppia.

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  • presso il mio studio privato sito in via Sin le Noble n.11
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il mio modo di lavorare:

Il modello di diagnosi/intervento a cui faccio riferimento è quello Integrato . Tale modello si caratterizza per lo sguardo d’insieme che riserva alla persona. L’individuo non è considerato esclusivamente sul piano mentale, come avviene nella maggior parte degli approcci psicologici tradizionali, bensì nel complesso insieme di tutte le sue funzioni psico-corporee. Il benessere, così come il disagio, sono esperienze che viviamo nella mente e nel corpo contemporaneamente. Pensiamo, ad esempio, come una condizione d’ansia può essere vissuta in modo complesso e totalizzante: ci sono pensieri , idee, ricordi e convinzioni che sul piano mentale condizionano negativamente il modo di interpretare le situazioni e la realtà. Ci sono emozioni che arrivano con violenza, paralizzando o costringendo all’evitamento: pensiamo in primis alla paura. Ci sono allo stesso tempo, dei fastidiosi sintomi fisici: tachicardie, tensioni muscolari, tremori, disturbi digestivi, senso di fame d’aria, vertigini sono solo alcuni esempi.
Le tecniche utilizzate sono studiate per intervenire in modo integrato su tutti gli aspetti della condizione di disagio e di stress, sia sul versante psico/emotivo che su quello corporeo.

Le principali aree di intervento sono:

  • Disturbi d’ansia (ansia generalizzata e fobie specifiche)
  • Disturbo da attacchi di panico
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  • Disturbi da stress e psicosomatici (Asma e disturbi respiratori, aritmie e oppressioni toraciche, disturbi della pelle, dolori muscolari cronici, gastriti, coliti, stipsi, cefalee)
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  • Disturbi alimentari (bulimia e anoressia)
  • Disturbi sessuali
  • Problemi di coppia e della famiglia
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  • Problemi dei ragazzi in adolescenza

La memoria corporea

Le tracce delle nostre storie, delle gratificazioni che abbiamo avuto, delle oppressioni che abbiamo subito, dell’impossibilità a esprimere apertamente la rabbia o la tenerezza, del trattenere alcune emozioni o esagerarne altre, sono tutte contenute nel nostro corpo. è con tutto il nostro corpo che noi riusciamo a esprimere apertamente le nostre emozioni o che siamo costretti a trattenerle, che riusciamo a trasmetterle, o dobbiamo camuffarle. E dunque è in tutto il corpo che possiamo ritrovare qualcosa dei vissuti trascorsi, persino delle nostre esperienze infantili o prenatali.

Alcuni anni fa, si pensava che le parti del corpo fossero specializzate nell’esprimere una determinata emozione: si credeva ad esempio che il torace dovesse essere legato all’aggressività, la pancia alla tenerezza, il collo al controllo, la mascella alla rabbia, le gambe all’indipendenza, e così via. In realtà noi possiamo ritrovare un’emozione in qualsiasi parte del corpo. Possiamo ad esempio ritrovare la tenerezza oltre che nella pancia, anche sulla schiena o nelle gambe; così come la rabbia può essere nei muscoli del collo; e la paura può annidarsi anche nelle braccia e nel torace. Ma come avviene ciò?

Quando il bambino sin dai primi mesi di vita entra, ad esempio, in contatto con il seno della madre, non lo fa solo con la bocca ma tutto il suo corpo partecipa alla relazione: le mani si tendono e toccano il seno, gli occhi guardano negli occhi, le gambe si muovono strofinandosi l’un l’altra nella sensazione di piacere che il momento gli procura. Allo stesso modo, quando protesta arrabbiato perché non è stato preso in braccio, serra i pugni, stringe gli occhi, tende le gambe, spinge con le mani per allontanare la madre, gonfia il petto, indurisce la pancia.

Ora, se gli atteggiamenti emotivi che il bambino attraversa, e che esprime con tutto se stesso, ricevono una buona accoglienza dai genitori (e dagli adulti in genere), quegli stessi stati emotivi si potranno percepire facilmente nelle varie parti del corpo anche da adulti. Una tenerezza che è stata sempre incoraggiata e non soffocata la si potrà risentire con la pancia, con il viso, con le mani, e persino con la schiena.

Ma se le espressioni emotive sono state impedite, colpevolizzate, non bene accolte dall’ambiente, allora il bambino cercherà disperatamente di bloccarle e di non arrivare neanche a sentirle; oppure le dovrà esasperare per farle sopravvivere. In entrambi i casi si servirà del proprio corpo: dei muscoli, contraendoli oppure mollandoli cronicamente, di determinati atteggiamenti e di posture che il corpo finirà per assumere abitualmente.

Stringendo i pugni cercherà di controllare la rabbia; chiudendo la gola eviterà di gridare la sua dolorosa protesta; accasciando le spalle smetterà di dover lottare inutilmente; rendendo poco mobili e vuoti i suoi occhi cercherà di non farsi cogliere da sguardi di rimprovero. Oppure può gonfiare il torace per esasperare il senso di lotta; può assumere un volume di voce forte per far riuscire a sentire la propria assertività., e così via. Queste alterazioni non nascono dall’oggi al domani; non è il singolo rimprovero che può provocarle, ma un accumularsi di atteggiamenti negativi nei confronti del bambino e di quella determinata espressione emozionale in particolare. Alcune volte, più che una diretta inibizione, a generare la stratificazione di queste alterazioni è la situazione nel suo complesso: Una famiglia in cui si respira tensione e ansia, un ambiente che non aiuta il contatto, una tendenza a svalutare ciò che fanno i figli; una freddezza di fondo; una rabbia che si scatena nei genitori all’improvviso come una tempesta imprevedibile. I bambini reagiscono a queste condizioni negative esasperando alcune emozioni e bloccandone altre, con l’aiuto del corpo.

Se la respirazione si fa sottile, quasi impercettibile, il bambino sente di meno dolori e sensazioni sgradevoli; se i muscoli del braccio divengono cronicamente tesi l’impulso a picchiare viene inibito; se il collo si irrigidisce diminuirà ad esempio la sensazione di essere colpiti da dietro, e così via.

Le specifiche tecniche di massaggio, contatto e movimento, che vengono utilizzate in studio con i pazienti, hanno proprio lo scopo di andare a rintracciare queste antiche emozioni stratificate, bloccate o esasperate, e facilitare il ripristino e l’equilibrio delle funzioni che, nel tempo, hanno subito un alterazione.

Tracce e funzioni della memoria corporea

La memoria corporea, come abbiamo detto, è costituita dalle tracce che gli stati emozionali del passato hanno lasciato impresse. Queste tracce sono visibili in diverse funzioni, fra le quali: il tono di base della nostra muscolatura, che può essere rimasto cronicamente alterato in conseguenza ad esperienze emozionali negative del passato. In altri termini può accadere che un muscolo resti cronicamente teso come se fosse impiegato continuamente, senza pausa, in azioni o sforzi. Il muscolo si è alterato per esorcizzare la paura, per trattenere la rabbia, per nascondere la vergogna. Oppure il tono muscolare resta flaccido, un tono di “disarmo”e di resa, e questo rende la persona incapace di affrontare situazioni in cui sarebbero necessarie la forza, la determinazione, o un’azione rapida e scattante.

Un secondo tipo di memoria corporea è costituito dalle posture . Le posture possono perdere la loro flessibilità originaria e diventare ripetitive nel tempo. L’abitudine a determinate posture inconsapevoli, il ricadere sempre nei medesimi atteggiamenti del corpo, produce un effetto molto intenso, sia sull’interlocutore, che sul soggetto stesso. Ci sono persone che “sostengono sulle spalle” pesi eccessivi, altre che rimangono sempre con la testa abbassata in una evidente remissività, altre che tengono le braccia come incollate al corpo, mostrando una eccessiva difficoltà ad occupare lo spazio intorno a sé. Le posture abitudinarie rappresentano una forte limitazione nella duttilità delle relazioni e una fonte inconsapevole di malessere e disagio.

Un altro tipo di memoria corporea risiede in quei movimenti che ripetendosi più e più volte in circostanze analoghe a poco a poco diventano caratteristici di una persona. Anche questi movimenti trattengono al loro interno l’antica emozione che li aveva messi in moto. In questi movimenti è contenuta una reazione emotiva antica che persiste nel tempo, una modalità di reagire a rimproveri, a delusioni, a dolori, a paure, una modalità nata nella nostra infanzia o adolescenza. Se un movimento ci aiuta ad esorcizzare antiche sensazioni negative, finisce per diventare un’abitudine che rimane. Ci sono persone che compiono continuamente piccoli movimenti, piccoli scatti, per un’ansia strisciante che mina la loro tranquillità, altre che compiono frequentemente movimenti che richiamano energia dal basso verso l’alto. Si toccano spesso il volto, i capelli, gli occhi. Spesso sono individui eccessivamente cerebrali, razionali, che controllano molto i movimenti del corpo e l’espressione delle proprie emozioni. Questi stessi individui di solito soffrono di cefalee, infiammazioni alla gola, congiuntiviti, sinusiti. I movimenti caratteristici sono una fonte molto ricca di informazioni sullo stato reale e profondo delle persone.

Un’altra importante funzione della memoria corporea è il respiro . Il respiro rappresenta un importante “regolatore generale” dell’organismo, poiché agisce in modo diretto sugli equilibri dei sistemi interni, fra cui il neurovegetativo, il battito cardiaco e il circuito dell’ansia. Le sue alterazioni permanenti hanno perciò effetti notevoli sul benessere (o viceversa sul disagio) e sul livello profondo delle emozioni. Un respiro mozzato, bloccato in fase inspiratoria, è il tipico effetto di una paura che impedisce il libero movimento del diaframma; un respiro che va tutto verso l’alto ( nella parte alta del torace) mostra una spinta inconsapevole ad affrontare sempre il mondo di petto; una respirazione affannosa è fonte di una sensazione soffusa di ansia; un respiro sottile non porta sufficiente energia e sufficiente vigore. A volte si esagera ispirando troppo e troppo velocemente, “inghiottendo” l’aria, e troncando così gran parte della capacità di movimento verso l’esterno: si rimane in questo modo bloccati, senza energia. Altre volte si espira in modo lento ed estremamente controllato anestetizzando gran parte delle sensazioni, diminuendo la capacità di contatto, creando distacco eccessivo.

Gli effetti della memoria corporea

Il problema principale, che è di fondamentale importanza sottolineare, è che questa nostra memoria corporea ha effetto sia sull’esterno che sull’interno. Capita allora di trovarci imprigionati in relazioni che non ci soddisfano o ci fanno soffrire, capita che le altre persone vedano in noi aspetti e tratti che noi non riusciamo a riconoscere, capita di non riuscire a trasmettere efficacemente agli altri ciò che vorremmo invece comunicare; ma capita anche di sentirci costantemente a disagio, di sentirci pervasi da stati d’animo negativi che non capiamo da dove possano provenire, capita di non essere capaci di lasciarci andare e viverci le emozioni. La memoria corporea è in effetti una continua fonte che rinnova, a nostra insaputa, vecchie paure, vecchie rabbie, stati d’animo di sconfitta e di rassegnazione, ansie, dolori e dispiaceri, sensazioni di inadeguatezza, vecchie modalità di controllo. Ci sembra che le antiche vicende siano ormai superate, ma in realtà continuiamo a portarcene dentro gli effetti. La memoria corporea è il tramite che rende queste vicende ancora attive, ancora piene di significato e di carica emotiva, come se fossero presenti ancora oggi.

Per questo lo specialista che utilizza questo approccio lavora anche per sciogliere queste tracce nel corpo, liberare i vissuti incapsulati, ripristinare il funzionamento pieno e mobile, in modo che le antiche vicende diventino veramente “storia”, rimangano vive sì ma nei ricordi e non come fonte attuale di emozioni negative.